Mediascapes

Transmedialità e audiovisivo in classe: i primi resoconti dei  laboratori del progetto “Mediascapes

Dopo l’attività iniziale di ricerca metodologica sul Transmedia Storytelling in campo education, in entrambi gli Istituti Scolastici in cui il progetto interviene hanno avuto inizio i percorsi laboratoriali basati sulla pratica creativa e partecipata del Transmedia Storytelling. Il laboratorio sviluppa e implementa quanto raccolto nella fase propedeutica di ricerca metodologica, promuovendo la pratica del Transmedia Storytelling come metodologia creativa, inclusiva, multidimensionale in grado di stimolare lo sviluppo di abilità soft, l’apprendimento meta-cognitivo ed emotivo studenti con bisogni educativi speciali e sottorappresentati.

IL RACCONTO DEI LABORATORI GUIDATI DA STEFANO CIPRESSI A ROMA TRA CORTO, NARRAZIONE E DISEGNO DIGITALE

In Italia, dall’I.C. Emma Castelnuovo di Roma, sono tre le classi che partecipano agli appuntamenti laboratoriali di Mediascapes. I laboratori guidati da Stefano Cipressi si sono articolati in 7 incontri il lavoro si è sviluppato partendo dall’utilizzo di diverse tipologie di media proprio in ottica transmediale. Il video, svolgendo riprese in classe attraverso l’utilizzo guidato di attrezzature professionali e in spazi esterni sfruttando le potenzialità degli smartphone; l’audio, lavorando sui paesaggi sonori e le voci fuori campo; il disegno, sperimentando l’uso delle tavolette grafiche; la fotografia, svolgendo esercitazioni pomeridiane in gruppo. Tutti i materiali prodotti dagli studenti comporranno il cortometraggio che verrà successivamente montato e che costituirà un work in progress delle attività di questa prima parte di incontri laboratoriali.

Il tema che ha caratterizzato il lavoro degli studenti è stato quello del quartiere di appartenenza, del quale i ragazzi hanno parlato attraverso le emozioni, i problemi, le contraddizioni che vivono. Fondamentale è stato stimolare i partecipanti a raccontarsi liberamente, mettendo in gioco esercizi di stampo teatrale grazie alla presenza di due formatori esperti in questo campo, Eugenio Banella e Francesca Marras, lavorando sull’ascolto, sull’empatia, sullo scambio e il dialogo con il gruppo. Questo approccio iniziale ha spronato a poco a poco i ragazzi e le ragazze a raccontare apertamente le proprie esperienze di quartiere, a tratti anche personali e intime, e riuscendo così a rappresentare chiaramente il modo in cui vivono il quartiere in cui abitano e le attività che vi svolgono, nonché a esprimere in che modo il quartiere stesso influisce sulla vita di ognuno, attraverso i prodotti mediali realizzati, soprattutto in quelli audiovisivi con l’aiuto di Stefano Cipressi.

La pratica creativa del Transmedia Storytelling ha permesso ai ragazzi e alle ragazze di vivere lo spazio della classe e il momento dello scambio con il gruppo di coetanei come un momento in cui essere contemporaneamente attori e spettatori, cioè raccontandosi senza limiti e imparando ad ascoltare senza pregiudizi, divertendosi e riuscendo ad andare oltre gli ostacoli emotivi. Il valore e il potenziale del Transmedia Storytelling come metodologia didattica sono stati positivamente accolti dagli studenti, partecipando attivamente alle attività, mettendo in gioco le proprie abilità e comprendendo come l’unione di contenuti mediali differenti possa creare uno storytelling che racconti di sé.

Appunti sul Transmedia Storytelling: terzo incontro con i nostri intervistati

Se hai seguito la serie di incontri con i nostri intervistati, saprai che per il progetto europeo “Mediascapes. Transmedia digital Storytelling for audiovisual and media literacy skills” vogliamo aprire una finestra sul Transmedia Storytelling che possa far luce su questa forma di comunicazione e narrazione e allo stesso tempo efficace metodologia didattica attraverso l’utilizzo consapevole dei vari media, analogici e digitali. E proprio per questo abbiamo sviluppato una ricerca metodologica in cui anche i racconti di docenti, esperti e ricercatori della materia potessero essere una componente fondamentale!

IL NOSTRO ULTIMO INTERVISTATO: Corrado Petrucco

Giunti alla fine del nostro percorso di interviste, gli ultimi appunti provengono dal confronto sul Transmedia Storytelling avuto con Corrado Petrucco, Professore associato presso l’Università di Padova. Egli ha voluto far emergere l’importanza del processo creativo di produzione dello storytelling, il quale secondo il suo punto di vista per essere funzionale dovrebbe sempre essere articolato in due fasi. A tal proposto, distingue una prima fase in cui i partecipanti vengono alfabetizzati al corretto utilizzo dei vari strumenti e attrezzature per la realizzazione dei contenuti mediali, in quanto “ad esempio è necessario che imparino a compiere delle riprese con una videocamera, a distinguere le varie inquadrature, e non essere legati solo alle riprese con il proprio smartphone“; la seconda fase, invece, è incentrata sul lavoro per la scoperta del sé e delle proprie idee al fine di costruire uno storytelling che sia perfetta espressione del sé. “Ci deve essere un bilanciamento di parte visuale, spontanea, mediale, con una riflessione metacognitiva sui contenuti che andranno a sviluppare verbalizzato in formato testuale. In questo modo si riescono a sviluppare doppie competenze: mediali e testuali, verbali“.

Da queste considerazioni, unite al racconto di un’esperienza di storytelling in cui vi è stata la realizzazione di un digital storytelling in formato video e la trasposizione del racconto in formato cartaceo (fumetto), riteniamo di fondamentale importanza condividere anche con voi una riflessione sull’inportanza e i benefici che l’intruzione di vari media tra i banchi di scuola per la creazione di storytelling. Petrucco ha affermato che lasciando sperimentare gli studenti nella creazione di storytelling, digitali e transmediali, si riesce davvero a comprendere che qualunque media essi scelgono di utilizzare sarà sempre un supporto efficace, capace di generare competenze mediali, narrative e soprattutto espressive, ma anche di far apprendere.

Appunti sul Transmedia Storytelling: secondo incontro con i nostri intervistati

Come vi abbiamo raccontato qualche articolo fa, con il nostro progetto europeo “Mediascapes. Transmedia digital Storytelling for audiovisual and media literacy skills” vogliamo aprire una finestra sul Transmedia Storytelling, potente forma di comunicazione e allo stesso tempo efficace metodologia didattica ancora poco diffusa conosciuta tra le giovani generazioni e tra i banchi di scuola.

Proprio per questo, la prima azione del progetto è stata completamente concentrata sul realizzare una ricerca sul Transmedia Storytelling, per creare un punto di riferimento per giovani, studenti, docenti, ricercatori, formatori e tutti coloro interessati a comprendere cosa caratterizza e valorizza il Transmedia Storytelling, soprattutto applicato alla didattica. Questo lavoro ha visto le nostre ricercatrici concentrarsi sui più disparati testi e saggi, a cui hanno deciso di affiancare anche una “ricerca sul campo”. Infatti, hanno intervistato docenti e ricercatori sul Transmedia Storytelling, nonché storyteller di professione, che hanno potuto supportare il lavoro di ricerca raccontando le loro preziose esperienze e punti fondamentali da sottolineare quando si parla di tale argomento. 

I NOSTRI INTERVISTATI: Valerio Di Paola e Anna Rita Vizzari

In questo secondo appuntamento potrai prendere appunti seguendo il racconto essenziale dagli incontri fatti con i nostri nuovi intervistati.
Il primo è Valerio Di Paola, docente presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” dove si occupa, anche, di diffondere le logiche transmediali unite all’audiovisivo. Proprio per questo, oltre a elencarci quali sono le consuete tre parole che per lui definiscono il Transmedia Storytelling, ha scelto di porre in risalto le esperienze vissute in prima persona nei suoi racconti, soffermandosi sui benefici che tale metodologia può generare se ben introdotta nei processi di formazione scolastica. In particolar modo, ha lasciato una breve e preziosa testimonianza dei vantaggi che ha generato l’introduzione delle logiche transmediali nella didattica durante la didattica a distanza necessaria per poter continuare a svolgere le proprie lezioni in tempi di pandemia nel 2020. Ha raccontato che “Nell’epoca della pandemia, durante il lockdown, ho affrontato un processo di transmedializzazione della didattica necessario per rendere fruibile e interessante il momento della lezione in dad: lo spostamento online e l’utilizzo di social, repository online, dispositivi per creare contenuti video-fotografici sono diventati il modo per rendere transmediale la didattica. Oltre a scoprire il potenziale di quanto già quotidianamente utilizzato da parte degli studenti, un aspetto rilevante è stato il grande sviluppo della creatività che tale processo ha generato: maggior personalizzazione, racconto del sé, esplorazione di nuove tecniche e idee“.
Di Paola ha inoltre aggiunto una considerazione che noi stessi condividiamo, ovvero che in una dimensione di transmedialità dedicata alla didattica non bisogna fermarsi solo alla distribuzione di contenuti mediali su più media, per quanto capace di rendere ludico il processo di acquisizione delle informazioni e quindi di formazione, ma tenere in considerazione anche il feedback che danno gli studenti a cui ci rivolgiamo, e cioè le modalità di produzione che ognuno di essi sceglie di assumere per la creazione di nuovi contenuti da aggiungere allo storytelling iniziale.

La secondo persona che vi proponiamo in questo appuntamento con i nostri intervistati è Anna Rita Vizzari, docente di lettere nella Scuola secondaria di 1° grado ma anche docente in laboratori di Storytelling. Difatti, anche con lei è stato particolarmente interessante e proficuo dialogare sul transmedia storytelling in classe attraverso alcuni racconti diretti. In particolar modo, secondo il suo approccio è importante che l’esperienza laboratoriale della transmedialità venga proposta agli studenti, soprattutto i più piccoli,naturalizzandoli, facendoli cioè rientrare naturalmente nelle attività curriculari“. L’esempio più interessante che ci ha lasciato, e che vogliamo condividere con voi, è stato questo: “Gli studenti devono essere spinti ad essere liberi di fare video anche durante le attività che svolgono. Per esempio, gli studenti che utilizzano Minecraft possono ricreare lì una narrazione che riprende i punti salienti del capitolo di storia o del testo di letteratura, per citare alcune possibilità. Più concretamente, ancora, possono simulare come vivevano i soldati nelle trincee nella prima guerra mondiale, allestire con gli strumenti che Minecraft fornisce uno scenario e mostrare poi il personaggio che si muove in esso e fare una narrazione registrandola“.
L’aspetto più importante che Vizzari ha voluto sottolineare fornendo questi esempi di modalità di introduzione del transmedia storytelling a favore dei processi didattici è che disponendo di differenti media e modalità di utilizzo di essi, questa metodologia può essere utile anche per studenti con necessità particolari, in quanto strumento compensativo e capace di permette la valorizzazione di diverse intelligenze e la crescita della motivazione grazie alla personalizzazione dei percorsi e la creazione di un prodotto.

 

 

Appunti sul Transmedia Storytelling: primo incontro con i nostri intervistati

Con il progetto europeo “Mediascapes. Transmedia digital Storytelling for audiovisual and media literacy skills”, vogliamo aprire una finestra sul Transmedia Storytelling per far luce su questa potente forma di comunicazione e allo stesso tempo efficace metodologia didattica in un momento storico tanto attuale quanto lo sono i media che coinvolge.

Per questo, il nostro primo obiettivo è stato realizzare una ricerca sul Transmedia Storytelling che potesse essere un punto di riferimento per giovani, studenti, docenti, ricercatori, formatori e tutti coloro interessati a comprendere cosa caratterizza e valorizza il Transmedia Storytelling, soprattutto applicato alla didattica. In questo lavoro non ci siamo affidati solo ai più disparati testi e saggi come tradizionale supporto bibliografico, ma abbiamo deciso di portare avanti anche una “ricerca sul campo” ovvero intervistando docenti e ricercatori sul Transmedia Storytelling, nonché storyteller di professione, che hanno potuto supportare il nostro lavoro di ricerca raccontandoci le loro preziose esperienze vissute in prima persona e i loro punti fondamentali da sottolineare quando si parla di tale argomento. 

La nostra prima intervistata è stata Simona Tirocchi, Professoressa associata presso il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’educazione dell’Università di Torino. Inoltre, ha coordinato l’unità italiana del progetto TRANSMEDIA LITERACY. Exploiting transmedia skills and informal learning strategies to improve formal education, finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020. 
Un momento particolarmente rilevate dell’intera intervista è stato certamente quello di introduzione al Transmedia Storytelling, provando ad individuare 3 parole chiave che potessero definirlo. Ecco quai ha scelto Simona Tirocchi:
1.
RACCONTO: per l’importanza nel processo di storytelling del racconto e del raccontarsi, soprattutto, grazie al quale far emergere identità, bisogni, aspettative, preferenze di chi lo sta utilizzando;
2. LINGUAGGI: per l’importanza del linguaggio utilizzato per il processo di creazione del racconto e dei molteplici linguaggi che si possono ritrovare nel processo di storytelling transmediale, soprattutto in un’era in cui diversi linguaggi compongono diversi contenuti che si diffondono attraverso differenti piattaforme;
3. CREATIVITÀ: in quanto produrre un transmedia storytelling (o un digital storytelling) significa avere idee creative e sapersi raccontare in maniera creativa attraverso formati mediali differenti.

Il secondo intervistato di cui vogliamo riportarvi gli appunti essenziali da tenere a mente è stato Enrico Granzotto, specializzato in narrazione e progetti immersivi, alcuni dei quali richiama anche il Transmedia Storytelling. Con lui abbiamo voluto trattare, tra gli altri argomenti, i benefici che apporta lo storytelling transmediale nei processi di apprendimento. Un dettaglio importante da appuntare è che proprio la combinazione di più media e dei relativi contenuti mediali permette una potente acquisizione di conoscenze: il processo di acquisizione del sapere si articola tra contenuti di testo e prodotti audiovisivi, tra narrazioni da ascoltare e altre da dover vivere in prima persona attraverso la realtà virtuale. Come affermato dall’intervistato, poter interagire in maniera fluida e ibrida, tra il cinema, i videogiochi, la realtà virtuale, le serie televisive ma anche letteratura, porta a rapportarsi a diversi sistemi di comunicazione, che sono pervasivi, plurali, nella mediasfera contemporanea. In questo modo, gli utenti hanno modo di esplorare diverse modalità di comunicazione ma anche diverse potenzialità di acquisizione di conoscenza, poiché conoscere e relazionarsi a diversi strumenti digitali e analogici offre ulteriori strade per l’accesso alla conoscenza

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